Il primo caso del detective contadino Pietro Bensi e del suo fagiano, il dottor Vitaliano Draghi
Occhi chiari, baffetti neri, borsalino e soprabito, come un poliziotto del cinema. “Ma questo, santo cielo, sembra un ragazzino appena uscito dall’univer- sità!” pensa il tranviere Ettore Becchi scrutando il vicecommissario Vitaliano Draghi, appena giunto sull’argine dell’Arno a verificare la situazione. È l’alba del 3 luglio 1936 e, in una Firenze ancora avvolta nella nebbia, vicino a un vespasiano, l’uomo ha scoperto qualcosa di inquietante: una donna distesa nell’erba, l’elegante vestito macchiato di sangue. Vitaliano sente un’ondata di ansia nel petto: i suoi superiori sono assenti, è il suo primo vero caso, e ancora non sa quanto importante e delicato. La vittima, infatti, è la giovane moglie del senator Bistacchi, vicinissimo al Duce. Vitaliano, che un giorno sì e un giorno no si pente di aver mollato la letteratura per la criminologia, ca- pisce di aver bisogno di rinforzi. Ma non basta un aiuto qualsiasi, serve una mente davvero prodigiosa: quella di Pietro Bensi, il contadino della fattoria nel Chianti in cui è cresciuto. È stato proprio lui, che ha letto tutti i libri della biblioteca del conte e si diletta a costruire complicati marchingegni, a far nascere in Vitaliano la passione per gli enigmi e per le trappole. Perché se vuoi catturare una volpe, devi pensare come una volpe, gli ripete sempre Pietro. Ma ci vuole coraggio per portare un contadino, neanche tanto segretamen- te antifascista, per le strade e i palazzi di una Firenze dove anche i muri hanno orecchie…